Finanza.

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Hamtaro
view post Posted on 4/11/2007, 11:29




Il Crédit Mutuel accelera per la Popolare di Milano
di Alessandro Graziani

Il gruppo cooperativo francese Crédit Mutuel scopre le carte sul piano d'integrazione con la Banca Popolare di Milano. E lo fa con un progetto di collaborazione ad ampio raggio, articolato in tre punti fondamentali: 1) disponibilità a partecipare all'investimento per far crescere la rete degli sportelli di Bpm dagli attuali 710 a 1.200 entro i prossimi 5-7 anni; 2) creazione di sinergie e competitività attraverso una piattaforma comune che si estenda a tutta la filiera prodotti, dalla bancassurance (al termine del contratto con FondiariaSai) all'asset management, dal leasing al factoring; 3) rivisitazione della governance di Bpm, salvaguardando i valori della cooperativa ma adeguando il governo societario in modo che tutti gli stakeholders – non solo i soci-dipendenti, ma anche gli altri azionisti e i clienti – siano messi sullo stesso piano.
È quanto si legge nell'articolato progetto d'integrazione del Crédit Mutuel – un documento di 45 pagine intitolato: «Bpm-Mutuel, crescere insieme», che Il Sole 24 Ore ha potuto consultare – che è stato illustrato nei giorni scorsi dall'advisor di Bpm Lehman Brothers ai membri del comitato strategico della Popolare di Milano.
L'ipotesi di alleanza avanzata dal gruppo francese guidato da Michel Lucas è una delle due proposte che il comitato – dopo una selezione partita con quaranta ipotesi, poi ristrette a una short list di quattro nomi (in rosa vi erano anche Unipol, Bper e Popolare Vicenza) – ha deciso di sottoporre al vaglio del consiglio di amministrazione della banca, che il presidente Roberto Mazzotta ha convocato per martedì prossimo.
Fuori gioco la Popolare Vicenza, che ha subito escluso di volere entrare in partita, e poi Unipol (che ha posto come condizione la trattativa in esclusiva, prima ancora di presentare un progetto specifico), in gara sono rimasti solo il Crédit Mutuel e la Bper. Ma se i francesi sono stati ammessi allo screening finale sulla base di un progetto articolato, la presenza dell'ipotesi Bper ha tuttora contorni poco chiari. Nell'ultima riunione del comitato strategico di Bpm, stando alle indiscrezioni, sarebbe stato deciso di portare all'esame del cda anche l'ipotesi di un'alleanza parziale con Bper. Senza che da Modena sia mai arrivato un progetto scritto. Non è chiaro, dunque, su che basi martedì prossimo l'advisor Lehman possa mettere a confronto i piani di Crédit Mutuel e Bper, a meno che quest'ultima non presenti in extremis una bozza di progetto. Sembra che il comitato strategico di Bpm abbia deciso di valutare comunque anche l'opzione Bper sulla base di una disponibilità verbale del vertice emiliano a valutare alleanze nell'investment banking tra Banca Akros e Meliorbanca.
In Bpm c'è chi sostiene che a insistere su Bper sia ancora il presidente Roberto Mazzotta, che mai ha digerito la bocciatura del suo piano di fusione con il gruppo emiliano da parte dei sindacati interni. Mentre lo stesso Mazzotta sarebbe «freddo» sull'ipotesi Mutuel, con cui i rapporti si sarebbero progressivamente allentati dopo la richiesta (bocciata da Bankitalia) dei francesi di salire oltre il 5% del capitale, ma soprattutto dopo la forzata rinuncia alle alleanze con Bpi e poi con Bper. Va ricordato che su quest'ultima opzione, tramontata a giugno, anche il rappresentante del gruppo Mutuel nel cda di Bpm, Jean-Jacques Tamburini, non fu favorevole (si astenne) dopo aver verificato la mancata condivisione del progetto da parte delle varie anime interne alla Bpm.
Si vedrà se la propensione al dialogo con Bpm avviata da Tamburini darà i suoi frutti concreti, facendo fare un salto di qualità alla collaborazione tra i due gruppi. Il piano predisposto in vista del cda Bpm di martedì contiene un'accurata illustrazione dei punti di collaborazione industriale. Ma senza fornire – almeno in questa fase – indicazioni dettagliate né sull'investimento finanziario che Mutuel è disposto a fare nel gruppo Bpm, né sulle sinergie da ricavo e da costo che potranno emergere. Dettagli, destinati a diventare sostanza, che dovranno essere individuati insieme al management della Bpm se e quando il board decidesse di procedere con l'approfondimento dell'alleanza. L'attesa è che già martedì questa decisione possa essere presa dal consiglio di Piazza Meda. Poi dovrebbe aprirsi un tavolo comune per definire concretamente i contenuti dell'alleanza. Per il Mutuel, che ha già investito 300 milioni nel gruppo Bpm senza avere finora contropartite industriali, si tratta dell'ultima opportunità per restare in Italia a fianco della Popolare Milano.
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Hamtaro
view post Posted on 27/12/2007, 17:11




Iban al posto di Cab e Abi: dal 1° gennaio le coordinate bancarie diventano europee.

Entra in vigore il nuovo codice internazionale di identificazione dei conti correnti, per effettuare bonifici nei 31 Paesi che fanno parte dell'area unica dei pagamenti in euro (Sepa).

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view post Posted on 27/12/2007, 18:00
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Capo dell'Intelligence Cricetale, Presidente della Camera delle Vibrisse e Gran Connestabile della Verza

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CITAZIONE (Hamtaro @ 27/12/2007, 17:11)
Iban al posto di Cab e Abi: dal 1° gennaio le coordinate bancarie diventano europee.

Entra in vigore il nuovo codice internazionale di identificazione dei conti correnti, per effettuare bonifici nei 31 Paesi che fanno parte dell'area unica dei pagamenti in euro (Sepa).

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Il famoso codice Iban. Una serie alfanumerica di ventisette elementi, all'insegna della semplificazione burocratica di stampo comunitario.
:rolleyes:
 
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Hamtaro
view post Posted on 1/1/2008, 14:51




Già!Ho sempre usato l'IBAN per quello che faccio io,qundi per mè non cambia nulla.
 
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view post Posted on 4/1/2008, 12:00
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Capo dell'Intelligence Cricetale, Presidente della Camera delle Vibrisse e Gran Connestabile della Verza

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Beh, fino al 31.12.07 l'Iban non serviva a un cazzo. ;)
 
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Hamtaro
view post Posted on 4/1/2008, 14:11




:lol: Anche se io lo uttilizzo.
Morgan Stanley, conti in rosso. China Inv. prende il 10 per cento.
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Hamtaro
view post Posted on 12/7/2008, 15:44




Usa: fallisce la IndyMac Bank Si aggrava la crisi finanziaria
di Marco Valsania

Le autorità americane sono state costrette a rilevare la IndyMac Bank, una delle principali casse di risparmio americane specializzate in mutui.
Il collasso dell'istituto, consumatosi nella notte, e' uno dei piu' grandi fallimenti bancari nella storia degli Stati Uniti: IndyMac ha asset per 32 miliardi di dollari. L'istituto riaprira' i battenti lunedi' mattina sotto la gestione dell'agenzia federale Federal Deposit Insurance Corp. (Fdic).
Il fallimento costera' alla Fdic, e quindi ai contribuenti, tra i 4 e gli otto miliardi di dollari, prelevati dal suo fondo che assicura i depositi bancari e che oggi dispone di 53 miliardi di dollari. Il collasso piu' grave tra le banche americane e' stato, nel 1984, quello della Continental Illinois National Bank & Trust con asset per 40 miliardi di dollari.
Il fallimento di IndyMac e l'intervento governativo sono diventati il segno piu' evidente del continuo aggravarsi della crisi dei mutui e del credito. Le autorita' temono che il crack nel settore finanziario non sara' l'ultimo. Negli ultimi giorni anche la crisi dei colossi dei mutui Fannie Mae e Freddie Mac ha scatenato voci di possibili e colossali salvataggi pubblici in arrivo.
Nella vicenda di IndyMac una delle agenzie di regolamentazione bancaria, l'Office of Thrift Supervision, ha accusato l'influente senatore democratico Charles Schumer di essere responsabile del fallimento: avrebbe seminato il panico inviando a fine giugno una lettera alle autorita' che metteva in dubbio la solidita' finanziaria della banca. Negli undici giorni successivi i risparmiatori hanno ritirato ben 1,3 miliardi in depositi. Ma Schumer ha risposto che la responsabilita' e' invece tutta dell'inadeguata supervisione: le autorita' federali avrebbero dovuto svolgere il loro compito di controllo, impedendo alla banca di utilizzare irresponsabili pratiche nei prestiti immobiliari.

Il sistema finanziario Usa teme il collasso
di Walter Riolfi

Se il Tesoro americano e la Fed hanno salvato Bear Stearns, a maggior ragione salveranno Fannie Mae e Freddie Mac. Così ragionavano ieri gli operatori di Wall Street. In teoria il ragionamento non fa una piega, tranne per un dettaglio: che le due società, pur finanziando e assicurando circa la metà dei mutui casa statunitensi, non sono propriamente banche e un salvataggio alla Bear Stearns violerebbe non poche regole e comportamenti della finanza pubblica e privata del Paese. Potrebbe comprarsele lo Stato, hanno argomentato gli operatori, forse suggestionati da un articolo del New York Times, secondo il quale il Tesoro (ossia le tasse dei cittadini) sarebbe pronto a "proteggere" le due società. Non a caso il costo dei Cds (la protezione in caso di fallimento) su Fannie e Freddie è calato di qualche centesimo, mentre i titoli crollavano nuovamente del 20-30% ai minimi degli ultimi vent'anni. Stanotte si è aggiunta la notizia, non del tutto inattesa dopo quanto era accaduto nei giorni scorsi, del fallimento di IndyMac Bank, per la quale le autorità di mercato americane hanno deciso di trasferire la gestione all'agenzia federale Federal Deposit Insurance Corp.
E così siamo ritornati nelle condizioni di quattro mesi fa, quando l'intero mondo del credito sembrava prossimo all'implosione. Con un'aggravante però: perché davanti ai 5.200 miliardi di dollari di attività (più del doppio del Pil italiano) finanziate o garantite dalle due società, i 29 miliardi impegnati per Bear Stearns sono appena una goccia. Senza contare che anche Lehman è agonizzante e le sue azioni trattano alla metà dei 28 $ chiesti un mese fa per l'aumento di capitale. Senza contare che quasi tutte le grandi banche Usa saranno costrette a svalutare ancora gli attivi e chiedere al mercato altre decine e decine di miliardi per ricapitalizzare. E la fiducia, che sembrava non dico ritrovata, ma quantomeno non del tutto compromessa? È finita a terra, come suggerirebbe l'indice che misura il rischio di controparte, risalito a 150 punti dopo essere sceso sotto i 100 a maggio. E dopo il caso IndyMac, c'è suspense per la riapertura di lunedì.
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Qualche segno di speranza
Ma anche a 150 punti questo indicatore è rimasto ieri un bel 100 punti sotto il picco di marzo: segno che c'è speranza. Infatti, se lo stato di salute delle banche americane è semmai peggiorato negli ultimi quattro mesi, le condizioni del credito alle imprese sono andate via via migliorando. Non si può sostenere che negli Usa esista una vera contrazione del credito. Se i canali di finanziamento alle banche si sono praticamente chiusi, a parte la "finestra" lasciata aperta dalla Fed ai primary dealer, quelli destinati alle imprese industriali e commerciali continuano a funzionare. Il costo dei Cds per le aziende più solide è aumentato di appena 22 punti in un mese, mentre continuano le emissioni di nuovi bond anche da parte delle società a più alto rischio.
In Europa le cose vanno ancor meglio. Assicurare i bond contro un fallimento societario costa un po' più che a maggio, ma molto meno di marzo, e i differenziali di rendimento delle obbligazioni a buon rating (ma anche di quelle giudicate "spazzatura") sono aumentati un poco, non esplosi come quattro mesi fa. E la stessa banca centrale europea aveva annotato la settimana scorsa che le condizioni del credito nell'area euro erano tornate a una quasi normalità. Semmai nel Vecchio continente preoccupa più l'economia reale che la finanza, visto il calo generalizzato della produzione industriale a giugno. Ma considerando le perdite dell'indice Stoxx, ben più ampie di quelle di Wall Street, e motivate di volta in volta più con le difficoltà d'Oltreoceano che da fattori autoctoni, si dovrebbe pensare che anche la stagnazione dell'economia europea sia già nei prezzi.
In ogni caso tutto dipenderà da Wall Street. Sembrerà paradossale, ma quello che s'è visto a New York nelle ultime due sedute potrebbe essere incoraggiante. È vero che la Borsa è scesa. Ma davanti al tracollo di Fannie Mae, all'inabissarsi dei titoli bancari e all'ennesima impennata del petrolio, pare d'aver scorto la volontà degli investitori di puntare su alcuni settori, come l'industriale, il tecnologico e anche quello dei consumi. In settimana l'S&P ha perso l'1,9%, il Nasdaq lo 0,3%, ma lo Stoxx è caduto del 4,5% (-4,9% Milano, -5,6% Parigi, -3,2% Francoforte, -3,9% Londra).
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Hamtaro
view post Posted on 19/9/2008, 19:01




Unicredit sprofonda sui timori di una sovraesposizione a Lehman
17/09/2008 19.30

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Seduta da dimenticare quella vissuta oggi in Borsa da Unicredit. Il titolo del gruppo guidato da Alessandro Profumo, sospeso anche al ribasso nel pomeriggio, sul finale di seduta è sceso sempre più giù archiviando la giornata in calo dell'8,33% sull'ultimo prezzo di 3,18 euro.

Questo valore rappresenta non solo il minimo infraday ma anche il nuovo record negativo, peggiorando il precedente di 3,35 euro che risale al 16 luglio scorso. La pioggia di vendite ha gonfiato i volumi, più che raddoppiati rispetto alla media, con 361,2 mln di pezzi scambiato contro 136,8 mln giornalieri. Da segnalare poi, i pesanti ordini in vendita inseriti nella lettera del book di Unicredit verso fine seduta. In particolare, intorno alle 17:20, un solo operatore ha inserito 2,8 milioni di azioni (tra l'altro interamente eseguite), amputando così la possibilità di un rimbalzino nel finale capace di rendere meno amara la seduta. Unicredit indossa così la maglia nera dei bancari che, fallito il tentativo di rimbalzo della mattinata sulla scia dell'inversione del listino, hanno ricominciato a soffrire complice lo spauracchio delle possibili esposizioni verso Lehman Brothers.

Al riguardo UniCredit ha dichiarato di avere un'esposizione al gruppo Lehman Brothers, pari a linee di credito utilizzate per circa 12 milioni e obbligazioni nette di circa 120 milioni. I rischi di sostituzione, inoltre, hanno un valore netto a mark to market di circa 26 milioni. Dunque un'esposizione relativamente marginale rispetto ai risultati, ma nonostante ciò il mercato teme per l'istituto guidato da Alessandro Profuno. In particolare, il dubbio riguarda l'esposizione della controllata Hvb. Con lo scivolone odierno il titolo porta al -43,6% la perdita dall'inzio dell'anno, quinta peggiore performance del paniere guida di Piazza Affari.

© Milano Finanza 2008


E' partita la controffensiva di Fed e Tesoro alla crisi dei mercati.
19/09/2008 19.30

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Il piano di salvataggio da centinaia di miliardi di dollari messo a punto dal Tesoro statunitense e dalla Federal Reserve per far fronte alla crisi finanziaria e la decisione delle Autorità di controllo dei mercati Usa ed europee di mettere al bando le vendite allo scoperto ridanno fiato alle Borse mondiali, tornate a guadagnare dopo una settimana di pesanti perdite causate dal crac di Lehman Brothers e dal salvataggio in extremis di Aig.

E la risposta si è fatta sentire chiara e forte: Londra è volata di quasi dieci punti percentuali (+9,27%) e Mosca, dopo due giorni di congelamenti per eccesso di ribasso, del 22 per cento. A livello continentale l'indice paneuropeo, il Dj Stoxx 600, è balzato di 8,27 punti percentuali, registrando il rialzo più consistente degli ultimi venti anni (non accadeva dal 1987) e azzerando in un sol colpo le perdite registrate nel corso della settimana 'nerà. In positivo anche i listini asiatici con Tokyo (+3,7%), Shanghai (+9,4%) e Hong Kong (+6,5%), così come quelli di Wall Street (Dow Jones +4,1%, ancora in corso) e in Sud America (San Paolo +7,1%, in corso).

In pratica, a dare la carica ai mercati finanziari è stato l'annuncio del segretario al Tesoro americano, Henry "Hank" Paulson, di un primo intervento da 50 miliardi di dollari per stabilizzare i fondi mutualistici più esposti, che rientra in un piano da «centinaia di miliardi di dollari» che punta a risolvere la crisi finanziaria. «Dobbiamo portare avanti una vasta operazione - ha spiegato Paulson - per affrontare i problemi alla radice, che causano stress nel nostro sistema finanziario». Il segretario ha poi ribadito che il piano mira a ripulire i bilanci delle società. In altre parole, il Governo Usa adotterà uno strumento - come il fondo creato negli anni '80 per affrontare la crisi delle casse di risparmio - in cui congelare i titoli 'spazzaturà fino al recupero dei mercati.

E su queste previsioni i mercati del Vecchio Continente non potevano che brindare. «La soluzione adottata dall'amministrazione Usa - ha commentato un broker - mira a salvare il settore finanziario, in modo da evitare che quest'ultimo collassi sull'intero sistema economico». A dare un'ulteriore spinta ai mercati è stata poi la decisione di bandire le vendite allo scoperto annunciata dalla Sec americana, seguita a breve da analoghe mosse dell'authority britannica e di quella svizzera, che ha tagliato così le gambe alla speculazione ribassista alla base di un'amplificazione nel crollo di alcuni titoli. A reagire sono stati così soprattutto i titoli finanziari, da oltre un anno nel mirino della crisi di liquidità.

Tra i più forti Barclays (+29%) a Londra, così come Ubs (+32%) e il Credit Suisse (+18%) a Zurigo. In volata poi le quotazioni di Deutsche Bank (+14%) a Francoforte, Da segnalare anche il colosso dei mutui anglosassone Hbos (+29%) e la Lloyd's Tsb (+20%). In Oriente ha rialzato la testa Bank of China che ha chiuso con un rialzo del 10 per cento. Tra le poche eccezioni il comparto automobilistico con Volkswagen (-14%), dopo che nelle tre sedute precedenti aveva guadagnato quasi 50 punti percentuali. Di seguito l'andamento degli indici delle principali Borse mondiali: - Tokyo +3,76% - Mosca +22,1% - Londra +8,84% - Parigi +9,27% - Francoforte +5,56% - Madrid +8,71% - Milano +8,62% - Amsterdam +8,58% - Stoccolma +8,98% - Zurigo +6,07% - Wall Street +4,11% (ancora in corso) - San Paolo +7,11% (ancora in corso)
© Milano Finanza 2008
 
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Hamtaro
view post Posted on 20/9/2008, 08:03




Risparmi a rischio: fari accesi su 50 polizze
di Federica Pezzatti

17 Settembre 2008

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Hanno la parvenza di "tranquille polizze Vita", ma in realtà espongono i possessori al default di Lehman Brothers. Ma se ai titolari di bond della banca americana è chiaro di avere in portafoglio titoli che scottano, molti sottoscrittori di index linked non sono altrettanto consapevoli del rischio che stanno correndo. Il nome dell'emittente-garante è nascosto nella nota informativa, mentre quello della compagnia che ha emesso la polizza è scritto a caratteri cubitali sul documento informativo. Per questo «Il Sole 24Ore» ha quasi completato la mappa dei prodotti assicurativi garantiti da Lehman Brothers. Rispetto alle 34 polizze risultate da un primo screening pubblicato sul giornale di ieri, sono emerse, da un'ulteriore ricognizione, altre 15 index linked vendute sul mercato italiano e garantite dalla banca americana finita in amministrazione controllata (indicate in tabella). A fare la parte del leone anche oggi è il gruppo Mediolanum. Oltre alle polizze di Mediolanum Vita, già indicate ieri, il gruppo ha collocato, tramite la propria branch irlandese Mediolanum Life, anche altre sei polizze garantite da Lehman. Il gruppo fondato da Ennio Doris e partecipato dalla Fininvest (per una quota del 35,88%) in una nota ieri ha precisato che l'esposizione verso Lehman é di 160 milioni di euro, alla valorizzazione di mercato delle polizze al 29 agosto (che non comprende dunque la loro svalutazione probabile a seguito della crisi), il valore nominale invece é di 213 milioni di euro. Complessivamente l'esposizione verso Lehman rappresenta lo 0,5% degli asset totali della clientela di Mediolanum. «Si tratta di polizze ove il rischio é in capo agli assicurati – ha spiegato all'agenzia Radiocor un portavoce della società –, stiamo monitorando la situazione e lavorando per ridurre l'impatto sulla clientela». Nonostante le rassicurazioni rivolte soprattutto al mercato, o forse proprio per l'ipotesi paventata di venire in contro ai propri clienti incappati nelle index sbagliate, il titolo ha perso ieri in Borsa il 6,8% del suo valore. E circa possibilità di ridurre l'impatto sui clienti, i consulenti del settore ritengono che probabilmente si troveranno delle soluzioni per alleviare le perdite che si prospettano. «Ho motivo di ritenere che le compagnie interverranno a tutela degli assicurati – spiega Stefano Frazzoni, manager della consulenza assicurativa di Prometeia –. Sono ipotizzabili soluzioni prese a livello di settore, visto che gli impatti negativi sul business, derivanti dal crollo reputazionale sarebbero molto ampi, coinvolgendo tutto il comparto Vita, che già non sta attraversando una fase positiva».
Tra gli altri gruppi che hanno emesso index c'è anche Allianz, con due polizze collocate proprio mentre incominciava la tempesta subprime. Molto più di recente ha agito invece Uniqa (ex Claris Vita), che, con poca prudenza, ha lanciato una polizza garantita da Lehman Brothers all'inizio di luglio 2008, circa due mesi prima del default. Anche il CnpUnicredit Vita, compagnia controllata dalla francese Cnp Assurances, e partecipata da UniCredit Group, ha collocato ben tre polizze garantite da Lehman, di cui due emesse un anno fa.
In attesa che l'Isvap diffonda i dati provenienti direttamente dalle compagnie sull'esposizione nei confronti di Lehman il panorama delle index garantite in portafoglio dei risparmiatori italiani appare quasi completato.




GLOSSARIO MINIMO


POLIZZA INDEX LINKED
I prodotti index-linked sono assicurazioni sulla vita con contenuto finanziario il cui andamento è correlato alle performance di panieri di indici o azioni.
Sono caratterizzate da strutture finanziarie particolarmente sofisticate.

CHI GARANTISCE
La compagnie assicurative che vendono tali polizze non offrono alcuna garanzia di restituzione del capitale nominale o di rendimento minimo. Pertanto per effetto dei rischi finanziari dell'investimento vi è la possibilità che l'investitore contraente ottenga al momento del rimborso un ammontare inferiore al capitale nominale. A garantire infatti è di solito un soggetto terzo che ha emesso il bond alla base delle polizze.

RISCHIO CONTROPARTE
È il rischio connesso all'eventualità che l'emittente degli strumenti finanziari per effetto di un deterioramento della propria solidità patrimoniale non sia in grado di rimborsare a scadenza il valore nominale degli strumenti finanziari e/o non sia in grado di pagare gli importi periodici maturati dagli stessi. Il valore degli strumenti finanziari risente di tale rischio variando al modificarsi delle condizioni creditizie dell'emittente. Il rischio legato alla solvibilità dell'emittente ricade sull'investitore contraente.

RISCATTO
Facoltà del contraente di interrompere anticipatamente il contratto, richiedendo la liquidazione al valore maturato risultante al momento della richiesta e determinato in base alle condizioni contrattuali.
Può anche accadere che tale valore qualora ci sia un deterioramento del soggetto emittente possa scendere anche a livelli molto bassi.

RATING
Rappresenta un indice di solvibilità e di credito attribuito all'emittente o all'eventuale garante dell'indice di riferimento a cui sono collegate le prestazioni assicurative/finanziarie. Viene attribuito da apposite agenzie internazionali quali Moody's, Standard&Poor's, Fitch, ecc..

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Edited by Hamtaro - 20/9/2008, 13:45

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Hamtaro
view post Posted on 21/9/2008, 12:13




Germania
Clamoroso errore in Germania, la banca Kfw versa 500 milioni a Lehman Brothers.

19/09 20:34 CET

La stampa locale l’ha definita la banca più stupida della Germania. Si tratta della Kfw, l’istituto di finanziamento pubblico tedesco che lunedì scorso ha effettuato un pagamento da mezzo miliardo di euro alla Lehman Brothers, la banca d’affari americana che aveva appena annunciato il fallimento.

Uno sbaglio “inspiegabile”, un “difetto tecnico”, si sono giustificati i vertici dell’istituto. Ma la Kfw è già diventata lo zimbello di turno.

“Si può soltanto ridere di loro – dice Wolfgang Gehrke, un noto accademico tedesco – . E’ inimmaginabile che qualcuno trasferisca accidentalmente 500 milioni di euro a qualcuno che ha appena annunciato la bancarotta quando la cosa è di dominio pubblico. Poi un pagamento così ingente deve essere confermato dai vertici anche se si tratta di un’operazione ordinaria”.

L’istituto ha avviato un’indagine interna per verificare come possa essere potuto accadere. Intanto governo e contribuenti sono su tutte le furie. “Stupidi. Devvero troppo stupidi – dice un cittadino – . Ci rimetteremo di tasca nostra. Siamo 80 milioni in Germania, ognuno di noi sborserà quasi 8 euro”.

Il governo, dopo aver accertato l’effettività del danno finanziario, ha sospeso con effetto immediato i top manager dell’istituto e due membri del Consiglio di amministrazione.

lehman brothers blunder costs kfw

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