Classe dirigente locale? Demoglobalista... come concetto, I filosofi del villaggio globale imperano sdegnosi alla soglia di prevedibili sconfitte elettorali

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view post Posted on 10/5/2009, 18:17
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Capo dell'Intelligence Cricetale, Presidente della Camera delle Vibrisse e Gran Connestabile della Verza

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Riporto integralmente una nota, scovata sul polimorfo universo di facebook, di un membro della Giunta comunale di Bergamo. In essa si parla di "sfide" su scala globale, quando l'interessato - benestante consulente aziendale e appassionato allevatore di pastori maremmani - avrebbe in realtà alle viste la ricandidatura in una lista della maggioranza uscente, in occasione del rinnovo delle cariche locali. Come si possa ambire a una riconferma elettorale lasciando la città in un angolo e disquisendo amabilmente di "multietnicità", non è dato saperlo. Forse il soggetto avverte la necessità di mascherarsi da maitre-à-penser per nascondere agli occhi del popolo bue i propri poco eclatanti successi come amministratore: nella sua personale "sfida" per costruire una vivibilità cittadina migliore, infatti, ad aumentare in modo sensibile sono state solo le cubature a disposizione dei cementificatori della speculazione edilizia...

Seguono le mie osservazioni, che su fb gli ho risparmiato... Anche perché ho ribadito gli stessi concetti in sedi diverse, ed essendo coinvolto in un progetto editoriale non posso rischiare di mettere a repentaglio il buon nome della mia testata.


BERGAMO CITTA' EUROPEA E PERCHE' NO, MULTIETNICA. NEOKANTIANI CON BRUNI.
Ogni qualvolta mi si presenta l'occasione, cerco di far comprendere che la vera sfida contemporanea non è più tra capitalismo e socialismo, ma tra società aperta e comunità chiusa, e come tale sfida sia ben presente nel dibattito elettorale locale.
Su questo tema trovo oggi due spunti ugualmente interessanti per quanto opposti: l'affermazione di Berlusconi, ripresa da tutti i giornali, "Non vogliamo un'Italia multietnica" e la provocatoria lettera di Franco Cattaneo sull'Eco di Bergamo "Noi bergamaschi meno solidali con gli stranieri", che per altro invito caldamente a leggere.
Ho sempre pensato che anche le scelte politiche locali non possano essere asettiche, ma dovrebbero derivare da principi etici e politici più o meno lungimiranti e questo, a mio modo di vedere, vale soprattutto in una questa fase storica, dominata dall'interdipendenza.
Per ragioni credo che le risposte locali agli effetti di fenomeni globali discendano da una visone che ciacun candidato Sindaco dovrebbe incarnare e per quanto mi riguarda, dal momento che sto con Bruni, è cioè col centrosinistra, provo a declinare quelli che desidererei fossero i tratti distintivi.
Accettare e perseguire la società aperta significa oggi concentrarsi su tre fronti:
1) la costruzione di una dimensione democratica sovranazionale, che a partire dall'Europa respinga il riflusso verso gli stati nazionali, le piccole patrie e il localismo, prendendo atto dell'assimetria tra l'affermazione di un mercato globale e l'assenza di istituzioni in grado di governane lo sviluppo.
2) la correzione delle eccessive diseguaglianze presenti tra gli stati, negli stati e nelle nostre stesse città, attraverso politiche che affrontino i temi della povertà e dell'esclusione, recuperando il valore della giustizia sociale, nel pieno dispiegarsi delle qualità individuali.
3) la promozione dell'innovazione a tutti livelli, orientando lo sviluppo verso obiettivi di qualità come il miglioramento dell'ambiente e della vita delle persone, investendo di più nella cultura e nella formazione per accrescere il grado di competitività del sistema economico e dei territori.
Ebbene, se queste idee vogliono essere la cornice ideale di una risposta riformatrice per la città di Bergamo, risulta evidente come, per i suoi tratti neokantiani (ragionevolmente ottimisti vesro l'uomo e i la sua capacità di evolversi), siano alternative all'impostazione politico-ideale di una destra che si riconosce più preferibilemente nell'Europa degli Stati, se non addiriturra nel localsimo più bieco, che ritiene la povertà una questione di carità compassionevole, che respinge l'innovazione perchè destrutturante rispetto agli equilibri consolidati e perciò rassicuranti della tradizione.
Caro Bruni, come ci ricorda Franco Cattaneo, "è difficile capire dove stia la necessità e l'ardore di dirsi e sentirsi bergamaschi se i nostri concittadini di tanto in tanto smettono di coltivare la passione civile e non capiscono qual'è la vera posta in gioco sull'immigrazione", non vi può essere orgoglio nell'essere bergamaschi se ciò non corrisponde al desiderio di costruire una comunità coesa, basata sui diritti di cittadinanza piuttosto che sull'etnia e di appartenere d una patria più grande che è L'Italia, l'Europa e qualcosa di più grande ancora domani.
Se Berlusconi e con lui Tentorio o la Lega non vogliono una società multitenica abbiamo il dovere e sentire l'impeto di affermare il contrario, perchè noi crediamo che un uomo, da qualunque parte provenga, sia un meraviglioso fine in se, assai più importante di qualunque comunità o categoria in cui lo si voglia ridurre o inquadrare, perchè per noi la pluralità è un valore.


OSSERVAZIONI PEZZATE...
In pratica si accetta supinamente la dittatura del "mercato globale" con tutti i possibili corollari, ivi compresa un'immigrazione senza controlli, senza freni e visibilmente imposta? A chi giova lo scenario "multietnico" e "multiculturale", ovvero una nebulosa sociale indistinta che recherebbe al proprio interno i pericolosi elementi di conflittualità di una convivenza forzata perché non mediata da regole condivise?

Senza società coese gli stati non reggeranno a un simile urto. Senza stato non c'è democrazia. E le società locali del terzo mondo, nel supposto "rapporto di interdipendenza" su scala mondiale (tutto fuorché paritario), fungeranno inevitabilmente da riserve di braccia a costo quasi zero. Altro che sviluppo: una dinamica del genere rischia di creare serbatoi incontrollabili di subalterni incazzati, pronti a riversarsi altrove senza troppi riguardi. Importare quote demografiche nel vecchio continente è una criminale idiozia.

Domanda non oziosa: perché questi infelici epìgoni della peggiore propaganda globalizzatrice non si limitano a svolgere con coscienza il proprio ruolo pubblico nei confronti di un'intera città, invece di lanciarsi in assurde filippiche contro "l'orticello" e il supposto "egoismo" di chi ghetti e feccia nelle strade non ne vuole vedere?
 
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view post Posted on 29/6/2009, 12:39
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Mi piace il neologismo: "neokantiani".
 
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